Un mostro d’acciaio che fuma,
nel porto di Palermo.
Due ignee lame sul cielo , di notte.
Vapori su, nero su nero,
e si distende un drappo sulle case:
veleno, tumore, cancrena,
plumbei vessilli sulla sanità.
Oh, fatali composti eterociclici
posate su le frutta, sui cereali,
sui parchi, sugli asili! Conca d’Oro
si chiamava ed ora è negra;
e negri gli alveoli, il sangue.
Su, posate! Posate la morte.
Noi qui, interconnessi. Eredi
del putre, consumiamo,
tra crisi, tra guerre fatali,
la vile vanità dell’uomo bianco.
E questo male è la morale,
tutto il nero del novecento:
la ragione ha sconfitto la poesia.
E’ l’amore che si sfalda,
che si sfalda nel cemento.
§
Non andare, non correre via,
è una lotta, è un lamento questa mia,
siamo una primula in questa città,
non andare, non correre via,
sei la mia sola sana umanità.
Sui fiumi, su le rogge trasparenti,
verranno a brillare le lucciole,
in quel giorno lontano,
un nostro germoglio vivrà.